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L’apiterapia è
un concetto medico che si basa su una tradizione molto antica.
Pratica terapeutica plurisecolare, il suo impiego è testimoniato
dalle fonti storiche da almeno due millenni. L'apiterapia può essere
definita come trattamento terapeutico di alcune patologie con i
prodotti raccolti, elaborati e secreti dalle api: miele, polline,
Propolis, pappa reale e veleno. Si sono trovati scritti sulle
pratiche legate all’apiterapia in varie civiltà, tra cui quella
egiziana, greca e romana.
Passeranno secoli finché non saranno scoperti, nel complesso
delle fonti storiche, riferimenti ad api, miele e cera, ma è
assai significativo un fatto: sui più antichi documenti
scritti conosciuti, le tavolette d’argilla della civiltà
mesopotamica, che datano a partire dal 2700 a.C., vi sono
passi che descrivono il miele come medicina.
Secoli fa,
quando i popoli primitivi vivevano a stretto contatto con la
natura, erano obbligati a procurarsi il cibo andandosene in
giro a cercarlo. Man mano che facevano la loro comparsa le
più antiche civiltà, il miele era rappresentato e lodato
negli scritti di diversi autori. È stato menzionato nella
Bibbia, nel Corano e nel Talmud, ed era assai apprezzato da
Romani, Greci ed Egizi.
In effetti, in ciascun territorio abitato dalle api esiste
la stessa credenza legata ai poteri miracolosi del miele,
utilizzato sia come alimento che come farmaco. Gli antichi
greci lo chiamavano il “Nettare degli Dei”; autori e
luminari di numerose civiltà ritenevano che tale nettare
fosse un alimento meraviglioso, depositario di benefiche
qualità medicinali.
I più antichi documenti riguardanti l’utilizzo della cera
provengono dalle antichissime civiltà sviluppatesi nell’area
compresa tra il Tigri e l’Eufrate, dove nel 5000 a.C. circa
si parlava già la lingua sumerica, e nel 4000 a.C. ha fatto
la sua comparsa la scrittura su tavolette d’argilla.
In Irak, a Nippur, sono stati scoperti due frammenti di
ceramica la cui datazione stimata è di circa 2100-2000 a.C..
Considerati i più antichi documenti che fanno riferimento al
miele e alla cera scritti in lingua sumerica, contengono un
testo che riporta una serie di medicine e unguenti a base di
tali prodotti.
Nell’antico Egitto venivano usati, da parte dei sacerdoti,
molto miele e cera durante i diversi rituali.
L’ape,
stilizzata, era rappresentata in diverse tombe e sulle
statue, essendo il simbolo stesso del re del Basso Egitto
nel 3200 a.C.. Sempre in Egitto, in seguito allo studio di
alcune piramidi, si è potuto constatare che gli Egizi
conservavano la frutta nel miele, e per l’imbalsamazione dei
corpi, insieme ad altre sostanze, erano utilizzati lo stesso
miele e la cera.
Nei papiri, che rappresentano fonti importanti di dati per
conoscere la medicina egizia, il miele e la cera erano
citati (Georg Ebers ed Edwin Smith) come medicine. Gli Egizi
usavano creme a base di cera per proteggere la pelle contro
i raggi solari.
La mitologia greca racconta che Giove è stato nutrito dalle
api del Monte Ida, che hanno prodotto miele a questo scopo.
In quelle regioni, la prima moneta al mondo di cui si abbia
notizia, recava impressa un’ape come simbolo di solerzia.
Questa moneta apparteneva alla civiltà di Efeso, del 4°
secolo a.C.. Plinio il Vecchio, stimato enciclopedista
romano, si occupa ampiamente delle api e dei loro prodotti
nella sua opera “Storia naturale”. Come altri luminari
dell’epoca, presenta numerosi e dettagliati utilizzi della
cera, il che dimostra che si conosceva il metodo di
estrazione, purificazione e perfino di sbiancamento della
cera d’api.
Lo sbiancamento si praticava soprattutto a Cartagine, dove
il prodotto ottenuto assunse il nome di “cera punica”.
La mitologia nordica collega al dio Odino questa sostanza,
con la quale si preparava una bevanda che aveva la virtù di
trasformare in poeta qualsiasi mortale che l’avesse bevuta;
abbiamo qui, forse, una rappresentazione della “dolcezza”
della poesia.
Nelle civiltà dell’antica India, la scoperta del miele si
attribuisce agli dei del sole, gli Azwin, e il miele e la
cera venivano utilizzati, grazie alla loro composizione, per
la guarigione dei malati. Molto interessante è il fatto che
Krishna e Vishnu vengono frequentemente chiamati nei testi
sacri Madhumaskha, nome derivato da quello dell’ape – una
sorta di riferimento alla loro solerzia e all’ordine che
caratterizza queste due divinità. La medicina ayurvedica
indica il miele come purificante, afrodisiaco, dissetante, vermifugo
, antitossico, regolatore, refrigerante, stomachico, cosmetico,
tonico, leggermente ipnotico, cicatrizzante; ma la profondità con
cui questo tema viene trattato fa sì che a ogni specifico stato
morboso o disfunsione corrisponda un particolare tipo di miele.
Nel Medioevo l’ape è stata scelta da alcune famiglie
nobiliari per figurare sui loro blasoni, come simbolo della
solerzia e dell’ordine; un esempio di questo tipo è quello
di Urbano IV.
Bisogna arrivare alla fine dell'800 per trovare moderni studi
sugli effetti in particolare del veleno d'api. Tra i più noti il
medico francese Demarti, che impiegò assiduamente il veleno d'api
studiandone gli effetti (1858), M. Lokumski di Pietrogrado e I.B.
Lubarski che scriveva (1879) il lavoro "Il veleno delle api - un
rimedio". Ma fu il medico austriaco Phillip Terc (Praporiste Bohemia,
1844-1915), riconosciuto come il "padre" dell'apitoxiterapia (la
terapia tramite le punture di api) che scrisse il trattato "Rapporto
sulla connessione tra le punture delle api e le malattie
reumatiche". Pubblicò i suoi
risultati nel 1888 in una rivista di Vienna, e da allora in tutta Europa centrale si diffuse la pratica e
l'interesse per l'apipuntura.
Non bisogna dimenticare Bódog Beck, medico ungherese, esperto di
apiterapia. La sua passione per le api è durata tutta la vita e lo
ha portato ad una profonda esplorazione di tutti gli aspetti del
loro mondo. Emigrò negli Stati Uniti, e all'inizio degli anni '30 si
affermò come medico generico in un locale ospedale, il Saint Mark,
trattò con l'apiterapia un migliaio di pazienti. Nel 1935 pubblicò
il libro
Bee Venom Therapy con l'obiettivo di presentare
sistematicamente tutto ciò che si sapeva sull'apiterapia, sia a
livello teorico che pratico. Beck si fece carico di raccogliere
l'esperienza dei colleghi di tutto il mondo e delle varie epoche.
Beck illustrò nel libro come il veleno d'api funzionasse nei casi di
reumatismi, artrite, artrosi e dolori muscolari con le relative
controindicazioni e con la necessità di effettuare dei test
allergologici preventivi.
Oggi l'Apiterapia si sta rapidamente diffondendo in tutto il mondo:
numerose università e centri di ricerca studiano gli effetti
dei trattamenti a base di prodotti dell'alveare.
In molti paesi è
stata dichiarata ufficialmente una pratica medica. A Cuba è
dichiarata di interesse nazionale, in Russia l'apiterapia è
annoverata fra le terapie riconosciute dallo Stato. In molte nazioni
stà ottenendo riconoscimenti ufficiali. In Italia siamo
ancora molto lontani da ciò, nonostante l'impegno e la tenacia di
alcuni medici pionieri, quali il dott. Grosso a Vimodrone. In
moltissimi ospedali europei il miele viene utilizzato per trattare
le grandi ustioni, le ulcere, per favorire la cicatrizzazione e da
noi in Italia si è distinto per le interessanti
applicazioni il dott.
Franco Feraboli, nella Divisione di Ortopedia - Azienda
Ospedaliera di Cremona. In Francia fin dal 1978 il prof.
Descottes Capo del servizio di Chirurgia viscerale e Trapianti
al Chu di Limoges utilizza il miele per favorire il processo di
cicatrizzazione,
con grande successo.
In questi ultimi anni in Europa si sono prodotti molti convegni a
livello internazionale sull'apiterapia, in Germania, Francia,
Austria, Romania, Svizzera.
Naturalmente nulla ha la pretesa di essere indiscutibile o definitivo:
intraprendere la strada dell'apiterapia ha significato per me anche
imparare a praticare l'umiltà scientifica e constatare
quotidianamente la provvisorietà sempre percettibile del sapere. Nè,
ovviamente, l'illustrazione degli indubbi punti di forza di una
forma di medicina alternativa deve implicare una svalutazione
globale della medicina ufficiale. Al contrario, tengo a sottolineare
con forza che entrambe possono e debbono coesistere nella pratica
medica quotidiana, completandosi a vicenda, senza forme di egemonia
che non hanno più ragion d'essere.
Per finire desidero puntualizzare un ultimo aspetto, ultimo
nell'ordine di esposizione, ma forse ilpiù importante.Io non credo
che la via verso gli orizzonti terapeutici di domani possa
privilegiare la soppressione farmacologica selvaggia e
l'annientamento cellulare cieco.
L'organismo vivente, l'unità corpo-mente-ambiente, appartiene per
struttura ed organizzazione ad un mondo ricco di soluzioni
adattative geniali e metamorfosi altrettanto stupefacenti, un mondo
che si rigenera di continuo, con intelligenza. Homo sapiens, da
millenni, ne condivide la natura.
Per questo, secondo me, il successo dell'apiterapia, e in generale
di tutte le altre forme di medicina alternativa, si basa sulla
capacità di risvegliare il potenziale endogeno di autoriparazione
dell'organismo, indotto e amplificato dall'azione combinata della
nostra mente e di sostanze affini a quelle da noi prodotte, che
l'ambiente ci fornisce in quantità, pronte da usare con intelligenza
e saggezza.Questa, credo, sarà la strada della nuova medicina.
dott. Franco Feraboli
Divisione di Ortopedia - Azienda Ospedaliera di Cremona
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